27 settembre 2012

Speciale Fallen Saga SPIN-OFF

Buonasera Naviganti della rete, Welcome to The Bookshelf, il mio Covo :).


Dunque, ieri vi avevo accennato a una chicca e mi dispiace di averla pubblicata di sera...(putroppo sono crollata mentre leggevo e ho sonnecchiato per circa due ore...-.-)...
Purtroppo miei cari il mal di testa è piuttosto imperterrito a non abbandonarmi, e le cause sono probabilmente la vista (sciagura dei lettori *sospira*) oppure semplicemente il cambio di stagione e questi cavolo di sbalzi di temperatura (oggi sembrava Luglio da me, credetemi -.-)...
Infatti io come una scemina mi son fatta una cioccolata calda e non riuscivo più a sopportare il caldo, e giù con litroni di acqua...ma almeno sono idratata u.u xD.
Tornando a noi, la chicca che volevo proporvi era un mega Teaser speciale estratto da Fallen...

Ecco qui quindi il prologo, tutto per voi tutto da gustare :P


In Principio- Helston, Inghilterra, 1854
Verso mezzanotte, infine, gli occhi presero forma. Lo sguardo era felino, determinato e incerto allo stesso tempo... prometteva guai. Sì, erano proprio i suoi occhi. Si aprivano sotto la bella fronte aggraziata, a pochi centimetri dalla scura cascata dei capelli.
Tenne il foglio davanti a sé, per valutare i progressi. Era difficile lavorare senza di lei, ma non avrebbe mai potuto disegnarla in sua presenza. Da quando era arrivata da Londra - no, da quando l'aveva vista per la prima volta - aveva dovuto preoccuparsi di tenerla sempre a distanza.
La sentiva ogni giorno più vicina, e ogni giorno era più difficile del precedente.
Ecco perchè sarebbe partito il mattino dopo. Americhe, India... non lo sapeva e non gli importava. Dovunque fosse finito, sarebbe stato più facile che restare lì. Si chinò di nuovo sul disegno. Corresse con il pollice la sbavatura del carboncino sulle labbra carnose, sospirando. Quel foglio inanimato, impostore crudele, era l'unico modo che aveva per portarla con sè. Poi, raddrizzandosi sulla sedia di pelle della biblioteca, lo sentì. Quel lieve calore sulla nuca. Lei. La sua sola vicinanza gli dava una sensazione insolita, simile al calore emanato dal legno che si sfalda in cenere in un fuoco. Lo sapeva senza voltarsi: Lei era lì. Appoggiò il ritratto a faccia in già sui libri che aveva in grembo, ma non poteva sfuggirle. Lo sguardo gli cadde sul divano color avorio del salotto, dove poche ore prima lei era apparsa inaspettatamente, quando i suoi amici ormai erano già arrivati, in un abito di seta rosa, per applaudire la bella esibizione al clavicembalo della figlia maggiore del padrone di casa. Scoccò un'occhiata alla stanza, e poi alla veranda oltre la finestra, dove il giorno prima lei gli si era avvicinata furtiva, reggendo un mazzolino di peonie selvatiche bianche. Era ancora convinta che l'attrazione per lui fosse innocente, che i loro frequenti incontri nel gazebo fossero solo... liete coincidenze. Quanto era ingenua! Non le avrebbe mai raccontato la verità: quello era il suo segreto. Si alzò e si voltò, lasciando i disegni sulla sedia. Ed eccola lì, vestita di bianco, appoggiata alla tenda di velluto rossa. Le nere trecce erano sciolte. Aveva lo stesso sguardo che lui aveva disegnato così tante volte. C'era il fuoco sulle sue guance. Era arrabbiata? Imbarazzata? Desidera?va saperlo, ma non poteva permettersi di chiederlo. «Cosa ci fate qui?» Sentì l'acredine nella propria voce, e si pentì di tanta asprezza, sapendo che lei non avrebbe mai capito. «Non... non riuscivo a dormire» balbettò lei, avvicinandosi al fuoco e alla sua sedia. «Ho visto la luce accesa nella vostra stanza e poi... » tacque, guardandosi le mani «... il vostro baule fuori dalla porta. Siete in partenza?» «Ve l'avrei detto...» e s'interruppe. Non doveva mentire: non aveva mai avuto intenzione di metterla a parte dei suoi piani. Avrebbe solo reso le cose più difficili. Si era già spinto troppo oltre, nella speranza che quella volta sarebbe stato diverso. Lei si avvicinò, e il suo sguardo si posò sull'album. «Mi stavate facendo un ritratto?» La sorpresa nella sua voce gli ricordò l'abisso di conoscenza che li divideva.
Dopo tutto il tempo trascorso insieme nelle ultime settimane, lei non aveva la più vaga idea di che cosa si nascondesse dietro quell'attrazione. Era un bene, o, quantomeno, era meglio così. Negli ultimi giorni, da quando lui aveva deciso di partire, aveva fatto di tutto per tenersi lontano da lei. Riuscirci aveva richiesto un tale sforzo che, non appena si era ritrovato da solo, aveva dovuto cedere al desiderio represso di ritrarla. Aveva riempito l'album di bozzetti del suo collo arcuato, della sua clavicola marmorea, del nero abisso dei suoi capelli. Ora riguardava i disegni. Non era vergogna per essere stato sorpreso a ritrarla quella che provava, ma qualcosa di molto peggio. Un brivido gelido gli si diffuse nel corpo al pensiero che quella scoperta - la manifestazione fisica di ciò che lui provava - l'avrebbe distrutta. Avrebbe dovuto essere più cauto. Cominciava sempre allo stesso modo. «Latte caldo con un cucchiaio di melassa» mormorò, continuando a darle le spalle. Poi aggiunse, triste: «Vi aiuterà a dormire.» «Come fate a saperlo? è proprio quello che mia madre...» «Lo so» disse lui, voltandosi verso di lei. Non era sorpreso dallo stupore nella voce di lei, eppure non poteva spiegarle perchè, o dirle quante volte in passato, al calar delle tenebre, le aveva preparato la medesima bevanda, o l'aveva tenuta fra le braccia finchè non si era addormentata. Sentì il tocco di lei come se lo stesse bruciando attraverso la camicia, sentì la sua mano leggera sulla spalla, e trattenne il respiro. Non si erano ancora toccati in questa vita, e il primo contatto lo lasciava sempre senza fiato. «Rispondetemi» sussurrò lei. «State partendo?» «Sì.» «Allora portatemi con voi» disse, precipitosa. E in quel momento, lui la vide tirare un profondo respiro, quasi a voler ritirare il suo appello. Dal corrucciarsi della fronte riusciva a cogliere le emozioni che si susseguivano in lei: prima l'impeto, poi lo sconcerto, infine la vergogna per la propria sfrontatezza. Era sempre così, e troppe volte in passato lui aveva commesso l'errore di consolarla in quel preciso momento. «No» sussurrò lui, ricordando... ricordando sempre... «Salperò domani. Se tenete a me, non dite un'altra parola.» «Se tengo a voi» ripetè lei, come parlando a se stessa, «io... io vi amo...» «No.» «Devo dirvelo. Io... io vi amo, ne sono certa, e se voi partite...» «Se parto, vi salverò la vita.» Parlò lentamente, cercando quella parte di lei che fosse in grado di ricordare. Se anche ci fosse stata, dov'era sepolta? «Certe cose sono più importanti dell'amore. Non capirete, ma dovete fidarvi di me.» Gli occhi di lei lo trafissero. Fece un passo indietro, incrociò le braccia sul petto. Anche di questo lui era responsabile: quando le calava le proprie verità dall'alto ?riusciva sempre a scatenare il suo lato sprezzante. «Intendete dire che ci sono cose più importanti di questo?» lo sfidò lei, afferrandogli le mani e portandosele al cuore. Oh, poter essere lei e non sapere che cosa stava per succedere! O almeno essere più forti di così, e riuscire a fermarla. Se non l'avesse fermata, lei non avrebbe mai capito, e il passato si sarebbe ripetuto ancora, torturandoli senza fine. A quel tocco, al calore familiare della sua pelle, lui gettò indietro la testa e gemette. Cercava di ignorare quanto fosse vicina, quanto conoscesse bene la sensazione delle sue labbra sulle proprie, quanto fosse amara la consapevolezza che tutto questo ?dovesse finire. Ma le dita di lei cercavano le sue con tanta leggerezza... Riusciva a sentire il cuore di lei battere tumultuoso attraverso l'abito. Lei aveva ragione. Non c'era niente di più importante. Non c'era mai stato. Stava per arrendersi e prenderla tra le braccia, quando colse il lampo nei suoi occhi. Come se avesse visto un fantasma. Fu lei a ritrarsi, portandosi una mano alla fronte. «Ho una sensazione stranissima» sussurrò. No... Era già troppo tardi? Lei strinse gli occhi come nel ritratto; si avvicinò di nuovo, e gli mise le mani sul petto, con le labbra socchiuse, in attesa. «Penserete che sono pazza, ma sarei pronta a giurare che sono già stata qui...» Allora era davvero troppo tardi. Guardò in alto con un brivido: riusciva quasi a sentire l'oscurità discendere su di loro. Colse l'ultima occasione di afferrarla, di stringerla come aveva desiderato ardentemente per settimane. Non appena le loro labbra si fusero, entrambi rimasero indifesi. Il sapore di caprifoglio sulla bocca di lei gli diede le vertigini. Più lei gli si stringeva, più lui sentiva contrarsi le viscere per l'emozione e l'angoscia di ciò che stava accadendo. La lingua di lei trovò la sua, e il fuoco tra loro divampò, più luminoso, più ardente, più feroce a ogni nuovo tocco, a ogni nuova esplorazione. Eppure niente di tutto questo era nuovo. La stanza tremò. Un'aura prese a brillare attorno a loro. Lei non si accorse di nulla, inconsapevole, ignara di tutto al di fuori di quel bacio. Lui soltanto sapeva che cosa stava per accadere, quali oscuri guardiani stavano per precipitarsi sulla loro unione. Anche se ancora una volta non poteva modificare il corso delle loro vite, lo sapeva. Le ombre vorticarono sopra di loro, così vicine che lui avrebbe potuto toccarle. Così vicine. Si domandò se anche lei riuscisse a sentire ciò che sussurravano. Osservò la nuvola passare sul volto di lei. Vide, per un istante, una scintilla di comprensione brillare nei suoi occhi. Poi non ci fu più nulla.


Inutile mentirvi, quando all'epoca lessi questo capitolo diventai famelica e assetata di sapere di più, di vivere con loro questa storia ma soprattutto di farli entrare nella mia vita...
Ok, vi sembrerò psicopatica, ma questa saga ha avuto in me quel nonsocosa in più e mi ha resa una vera e propria fan.

Ho qualche altra comunicazione per voi, ma ve ne parlerò in qualche altro post qui nel blog, quindi non scappate e continuate a seguirmi ;)

Al prossimo post,
Taylor :D

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